Cristo o superstizione: quando la fede si riduce a immagini, segni e apocalissi da fiera

21 settembre 2025  -  Tradotto dallo spagnolo il 28.9. dal sito www.catolic.ar   

 

Un popolo assetato... ma una religiosità fuorviata e falsa

Nelle strade delle nostre città, nei piccoli paesi, nelle periferie dimenticate, respira il cattolicesimo popolare. Processioni di massa, santini in tasca, candele accese, rosari appesi allo specchietto retrovisore.

Tutto questo può essere bello e legittimo quando conduce a Cristo. Il problema sorge quando diventa un rifugio superstizioso per eludere l'impegnativo Vangelo.

Oggi assistiamo a un fenomeno allarmante: folle che inseguono presunte apparizioni mariane mai riconosciute dalla Chiesa; cattolici ossessionati da messaggi apocalittici diffusi sui social media da profeti di strada; fedeli che credono più alle "immagini piangenti" che alla Parola viva del Vangelo.

È davvero cristianesimo questo? O è un ritorno infantile al paganesimo degli amuleti?

La Chiesa non è mai stata un "museo di immagini".

All'inizio, i cristiani non usavano immagini. La loro unica forza era la testimonianza. Il pesce, l'ancora, il Buon Pastore: semplici simboli nelle catacombe. Solo dopo la Pace di Costantino l'arte cristiana fiorì nei mosaici e nelle icone. E quando alcuni volevano distruggerli per paura dell'idolatria, il Secondo Concilio di Nicea (787) chiarì: le immagini possono essere venerate, ma solo Dio può essere adorato.

La Chiesa, quindi, non ha mai insegnato a idolatrare le immagini. Le ha sempre intese come pedagogia, come una finestra sul Mistero. Il problema non sta nell'immagine in sé, ma nel cuore che si aggrappa alla forma e dimentica la sostanza.

Apparizioni: Segno o Distrazione

Maria è apparsa nella storia e la Chiesa ha prudentemente riconosciuto alcune di queste irruzioni: Guadalupe, Lourdes, Fatima. Sempre in contesti di crisi, sempre con un messaggio che rimanda a Cristo.

Maria non ha mai predicato a se stessa.

Ma allo stesso tempo, sono emerse centinaia di apparizioni false o dubbie, usate da gruppi settari per manipolare l'opinione pubblica. Oggi, presunti messaggi dal cielo proliferano su internet, carichi di paura e visioni apocalittiche.

Questo crea un cattolicesimo paranoico, ossessionato dalla fine del mondo e cieco alla sofferenza concreta del prossimo.

Il dramma della falsa religiosità

Ecco la denuncia necessaria:

-          Cattolici che cercano talismani e miracoli, ma non praticano la giustizia o la misericordia.

-          Predicatori che vendono "rosari benedetti" come se fossero un'assicurazione contro la sfortuna.

-          Pastori che rimangono in silenzio di fronte alla corruzione politica e sociale, ma moltiplicano le processioni per non creare disagi a nessuno.

-          Una fede addomesticata, trasformata in spettacolo, che intrattiene ma non trasforma.

Questo non è cristianesimo. Questa è idolatria travestita da devozione.

La misura della fede: l'amore per il prossimo

Cristo lo ha detto chiaramente: "Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere" (Mt 25,35). Il giudizio finale non sarà su quanti rosari recitiamo o a quante apparizioni andiamo in pellegrinaggio, ma su quanto amiamo i più piccoli.

La religiosità autentica non si misura in immagini miracolose o profezie di catastrofi, ma nel pane condiviso, nella giustizia ricercata, nelle ferite fasciate e nelle lacrime condivise. Un vero cristiano non è chi colleziona immagini sacre, ma chi trasforma la società con gesti concreti di amore.

Profeti della Paura vs. Discepoli del Servizio

Oggi, ci sono molti presunti profeti che vedono segni dell'Apocalisse in ogni catastrofe climatica, in ogni progresso tecnologico, in ogni crisi politica. Sono mercanti di paura. Alimentano un cattolicesimo ansioso e apocalittico che non evangelizza né costruisce, ma solo paralizza.

Il discepolo autentico, d'altra parte, non fugge dal mondo; lo trasforma. Non si rinchiude nelle cappelle in attesa di miracoli, ma va incontro ai poveri, ai malati, agli emarginati.

Cristo è lì, non nella statua che presumibilmente "apre e chiude gli occhi".

Purificare la religiosità popolare

La religiosità popolare è un tesoro quando è ben indirizzata. È il modo in cui i semplici esprimono la loro fede. Ma ha bisogno di una purificazione costante:

-          Ricordate che Maria non oscura mai Cristo; conduce sempre a Lui.

-          Insegnate che le immagini sono simboli, non amuleti.

-          Incoraggiare la dedizione a esprimersi attraverso opere di beneficenza.

-          Smascherare i manipolatori che traggono profitto da false apparenze o dalla propaganda del terrore.

Una Chiesa profetica o una Chiesa folcloristica

Il dilemma è chiaro: o recuperiamo la centralità di Cristo e il fuoco del Vangelo, oppure diventiamo una Chiesa folcloristica, piena di processioni e santini, ma priva di conversione.

Una Chiesa che intrattiene le folle, ma non cambia la storia.

E questo sarebbe il peggior tradimento: accontentarsi di una religiosità superficiale mentre il mondo brucia di ingiustizie, guerre e fame.

Conclusione: Ritorno al cuore del Vangelo

Un cristiano che non prende posizione per gli altri non segue Cristo; segue un miraggio. L'unica immagine che salva veramente è quella del Cristo vivente nei crocifissi di oggi: i poveri, gli scartati, i migranti, i malati dimenticati.

Tutto il resto – apparizioni spettacolari, visioni della fine del mondo, immagini che piangono – è, nella migliore delle ipotesi, una distrazione. E nella peggiore, una pericolosa idolatria.

Il cammino è chiaro e impegnativo: meno superstizione, più Vangelo. Meno paura, più giustizia. Meno vuote devozioni, più amore per il prossimo.

Perché chi cerca Dio nei segni apocalittici e non nel fratello o nella sorella sofferente, lo ha già perso.

Fonte: https://catolic.ar/cristo-o-supersticion-falsa-religiosidad/

 

 

Religiosità popolare, immagini e apparizioni: tra il tesoro della fede e il rischio della superstizione

21 settembre 2025  -  Tradotto dallo spagnolo il 28.9. dal sito www.catolic.ar  

 

Religiosità popolare: il cristianesimo non è nato circondato da immagini

I primi cristiani vivevano nel segreto. Nelle catacombe non c'erano processioni o statue miracolose, ma piuttosto simboli sobri: il pesce, l'ancora, il Buon Pastore.

La loro forza non risiedeva negli oggetti, ma nella coerenza di vita fino al martirio.

Con la pace costantiniana, la fede si espresse nell'arte e nella bellezza. Poi giunsero la crisi iconoclasta e il Secondo Concilio di Nicea (787), che distinse la venerazione dal culto.

Un insegnamento chiaro: le immagini sono pedagogiche, non magiche.

La Chiesa non le ha mai intese come talismani. Chi le usa in questo modo distorce la tradizione.

Religiosità popolare: un tesoro da purificare

Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto il valore delle espressioni popolari (SC 13), purché conducano a Cristo.

In America Latina, il Documento di Puebla (1979) parlava di "un modo privilegiato in cui il popolo riceve il Vangelo" (n. 444). Ma ne denunciava anche i pericoli: riduzionismo magico, superstizione, manipolazione (nn. 458-459).

In continuità, Aparecida (2007) ha descritto la religiosità popolare come "un tesoro prezioso della Chiesa" (n. 258), ma ha chiarito che necessita di essere continuamente evangelizzata.

In altre parole: la religiosità popolare non può essere eliminata o disprezzata, ma può essere corretta e purificata.

Maria e le apparizioni: mai al centro

Il Catechismo (n. 67) insegna che le rivelazioni private non sono necessarie per la fede. Possono aiutare, ma non sostituire mai il Vangelo.

San Giovanni Paolo II, nella Redemptoris Mater, ha insistito: Maria non proclama se stessa, ma conduce a Cristo (n. 24). Le sue parole a Cana – "Fate quello che vi dirà" (Gv 2,5) – rimangono il criterio.

Le apparizioni riconosciute (Guadalupe, Lourdes, Fatima) si riferiscono sempre alla preghiera, alla penitenza e alla giustizia. Le false apparizioni, d'altra parte, creano un clima di morbosa curiosità e paura. (Personalmente ritengo sia meglio evitare anche quelle riconosciute)

Oggi, sui social media proliferano messaggi apocalittici attribuiti alla Vergine, contraddicendo il Vangelo e generando un cattolicesimo della paura.

Deviazioni attuali: un cattolicesimo superstizioso

In molti luoghi dell'America Latina e dell'Europa, stiamo assistendo a un fenomeno crescente:

-          Immagini che "piangono sangue" e attraggono folle credulone.

-          Gruppi che vendono rosari o santini come "garanzie di miracoli".

-          Predicatori che vedono ogni crisi globale come la fine del mondo e spaventano i fedeli.

-          Comunità che riducono la fede a processioni ma sono indifferenti alla fame del prossimo.

Questa è superstizione, non cristianesimo. E la cosa più grave è che queste pratiche spesso non vengono corrette, ma tollerate da coloro che dovrebbero guidare il popolo di Dio.

L'omissione colpevole dei pastori

Qui risiede la ferita più profonda: vescovi e pastori.

-          Il Codice di Diritto Canonico (canone 386) indica che i vescovi hanno il dovere di annunciare il Vangelo nella sua interezza e di salvaguardare la retta dottrina.

-          Il Concilio Vaticano II (Christus Dominus, n. 12) afferma che è loro dovere discernere e correggere le deviazioni nella pietà dei fedeli.

Tuttavia, in molti casi, regna il silenzio. Perché?

-          Per paura di perdere popolarità. Preferiscono una folla processionale a comunità mature, anche se queste folle vivono una fede magica.

-          Per comodità. Lasciare che la superstizione dilaghi è più facile che evangelizzare con pazienza.

-          Per calcolo politico. Processioni e devozioni garantiscono presenza sociale e sostegno economico.

Così, invece di pastori che guidano, a volte abbiamo funzionari religiosi che amministrano il folclore. E questa omissione è colpevole, perché le persone sono esposte a manipolatori.

Il criterio ultimo: la carità

San Paolo lo ha riassunto così: «Anche se avessi tutta la fede e avessi la carità, non sarei nulla» (1 Cor 13,2).

Papa Francesco, in Evangelii Gaudium (n. 201), ribadisce che la fede si misura con la carità e l'opzione per i poveri. E in Fratelli Tutti, ricorda che l'autentica spiritualità è servizio e fraternità, non evasione o paura.

Il giudizio finale di Matteo 25 è inappellabile: la fede è in gioco nel dare da mangiare, da bere, nel visitare i malati e i carcerati. Tutto il resto – immagini, devozioni, apparizioni – è valido solo nella misura in cui ci conduce a quell'amore concreto.

Purificare per salvare la fede

Cosa fare, allora?

-          Formare il popolo di Dio alla centralità di Cristo.

-          Predicare che le immagini sono segni, non amuleti.

-          Integrare la religiosità popolare con la liturgia e la catechesi.

-          Smascherare coloro che manipolano con false apparizioni o messaggi apocalittici.

-          Esigere che i pastori esercitino la loro missione di discernimento, anche se impopolare.

La vera religiosità popolare non scompare quando viene purificata; al contrario, diventa più feconda perché torna alla fonte del Vangelo.

Conclusione: Tra Vangelo e superstizione

La Chiesa oggi si trova di fronte a un dilemma storico:

-          O osa purificare la religiosità popolare e riportare Cristo al centro, anche se questo sconvolge settori benestanti,

-          oppure si rassegna a diventare una religione di processioni e devozioni magiche, incapace di trasformare la società. Vescovi e pastori hanno una grave responsabilità: tacere significa permettere che il popolo venga travolto dalla superstizione. E coloro che dovrebbero guidare e non lo fanno tradiscono la loro missione.

Perché l'unica immagine che salva veramente è quella del Cristo vivente nel fratello o nella sorella sofferente. Tutto il resto – apparizioni spettacolari, lacrime dalle statue, visioni apocalittiche – è accessorio.

Il futuro della fede dipende da un coraggioso ritorno al cuore del Vangelo: meno superstizione, più carità; meno paura, più giustizia; meno silenzio confortevole dei pastori, più profezia.

 

Fonte: https://catolic.ar/religiosidad-popular-supersticion-cristo-centro/