27 luglio 2007 Quelle misteriose luci lassù nel cielo (sabatoseraonline.it)
Intervista con Gloria Nobili, ricercatrice presso la facoltà di Fisica di Bologna, che ha partecipato con un gruppo composto da ricercatori e studiosi castellani, bolognesi e norvegesi ad una spedizione per studiare il fenomeno.
Quanti, con un sorrisino compiacente o con montagne di scetticismo, hanno letto di misteriose luci che si accendono improvvisamente in aria e poi spariscono senza lasciare traccia dietro di sè?
Quanti hanno creduto, vedendo una di queste luci, che l’invasione da Marte fosse imminente o che qualche spirito elementare si fosse palesato per chissà quale ragione esoterica?
Ebbene, sembra che dietro a queste “misteriose” apparizioni ci sia una ragione men che misteriosa. Partiamo però dalla curiosità nello scoprire come queste luci si accendano in aria e fluttuino a mezza altezza prima di spegnersi. In molti le hanno viste sul Lago Ontario in Canada, altri a Victoria in Argentina, altri ancora nelle Montagne del Musine in Italia. E non sono le uniche località visitate da queste apparizioni improvvise e, apparentemente silenziose: i nostri monti Sibillini sono stati teatro di queste luci così come Sassalbo, la Valconca e Solignano, oltre ad un’altra trentina di posti sparsi sull’intero pianeta fra cui anche Paulding, negli Stati Uniti, dove alcuni “turisti” fortunati sono riusciti a registrare un video, che si trova su Youtube. Per sviscerare l’argomento e risolvere, in qualche modo, la nostra curiosità ci è venuta in aiuto Gloria Nobili, che era ricercatrice presso la facoltà di Fisica di Bologna quando ha visto queste luci ad Hessdalen, un piccolo villaggio della Norvegia ad un tiro di schioppo dal Circolo Polare Artico, dove era andata assieme ad un gruppo organizzato per l’occasione, composto da ricercatori e studiosi castellani, bolognesi e norvegesi.
Queste luci hanno un nome specifico?
"Le luci prendono il nome del luogo in cui si vedono, per cui le denominazioni di fenomeni analoghi sono molto diverse tra loro (es: luci di Paulding, luci di Marfa (Arizona), luci di Min-Min (Australia), ecc...".
Come si manifestano?
"A livello sensibile, si vedono dei globi luminosi che si spostano in cielo in modo non regolare, seguendo traiettorie imprevedibili, con variabilità di luminosità, colore, ma che non possono comunque essere aerei, satelliti, stelle, stelle cadenti. A livello tecnico, pur essendo la teoria ancora ad uno stadio speculativo, alcune si possono spiegare come fenomeni geofisici, cioè legati ad alcune particolarità geologiche del terreno. Il collega Massimo Teodorani, che studia da anni l’argomento, ha esposto uno studio che potrebbe spiegare alcuni di questi fenomeni: l’origine sarebbe legata alla presenza del quarzo nel terreno. Il quarzo, se sottoposto a stress (pressione o strofinio che sia), produce piezoelettricità, in modo del tutto analogo al principio degli accendini piezoelettrici per i fornelli a gas. Poi occorre la presenza di una certa quantità di umidità e una ‘bolla di gas’ o di plasma (materia a bassa densità) da accendere e che rimanga confinata nella ‘pellicola’ di vapor d’acqua a cui si possono anche aggiungere particelle materiali in sospensione (esempio il silicio)".
Come sono state scoperte?
"Semplicemente guardando il cielo. Comunque, come suggerisce il filmato di Paulding, non si possono non vedere se si presentano in modo così evidente. E’ inoltre probabile che gli avvistamenti siano molti di più di quelli catalogati, ma che gli avvistatori si siano ben guardati dal parlarne per non essere presi per matti o per visionari. Nella valle di Hessdalen si dice che, durante l’inverno, seguano le auto".
Quando hanno perso il loro aspetto folkloristico per diventare scientificamente interessanti?
"Fin dal 1800 ci sono racconti di gente che ha visto queste luci ma siamo ancora a livello di curiosità popolare. Le prime osservazioni regolari e scientifiche iniziarono nel 1981. Il progetto Hessdalen fu creato nell’estate del 1983, il cui promotore fu l’ingegnere Erling Strand, professore all’Ostfold College dell’Università di Oslo". Quanti castellani sono stati coinvolti, chi e in quali vesti? "In totale, nell’operazione, eravamo coinvolti in quattro, da Castel San Pietro. Nell’agosto del 2002 siamo poi andati in Norvegia: durante la permanenza l’ingegner Stelio Montebugnoli, del Radio osservatorio di Medicina, dirigeva le registrazioni con la sua antenna, costruita presso il CNR, mentre io coadiuvavo il dott. Teodorani per le riprese nell’ottico e per il reperimento di campioni di terreno".
Cosa pensavate di registrare?
"Si voleva verificare se c’erano eventi sincronici con la comparsa delle luci, cioè se oltre all’evidenza ottica, le luci emettevano anche su altre frequenze come, ad esempio, nell’infrarosso. I range di frequenze finora testati non hanno dato questo riscontro. Ci sono eventi, ma non sincronici, o per lo meno non quando si vedono le luci. Potrebbero esistere quindi delle sorgenti non visibili. Ma prima di poter fare delle affermazioni, occorrono più dati e quindi più rilievi e quindi più periodi di permanenza sul posto".
Quando le avete viste?
"Nella missione 2002 quasi tutte le sere, più o meno tra le 22.30 e le 0.30 e spesso in posizioni vicine tra loro, ma sempre molto lontane dal punto di osservazione".
Pensate di ritornare sul posto per riprendere gli esperimenti e le registrazioni?
"Il fenomeno è in sé affascinante e perciò lascia il desiderio di tornare... inoltre, uno scienziato ha anche il dovere di studiare scientificamente il fenomeno per arrivare a spiegarlo per cui occorrono certamente altri dati. Il problema più grosso è quello finanziario; infatti non si trovano né enti pubblici (Università, CNR, ad esempio) né enti privati disposti a sovvenzionare una nuova missione. E’ ovvio che occorre che siano presenti quegli studiosi che hanno già studiato il fenomeno perché già conoscono il luogo, l’organizzazione logistica e hanno le idee per nuovi esperimenti utili per ampliare le conoscenze già acquisite. Ma in Italia, si sa, la ricerca ‘langue’... e, di questo passo, morirà d’inedia!".
Cosa potrebbe portare questa ricerca?
"Oltre al discorso della possibilità di costruire sorgenti energetiche (che possono rimanere anche solo luminose) a bassissimo impatto ambientale, ci sono le implicazioni di tipo biofisico (ampliare la conoscenza delle interazioni del nostro cervello con il mondo esterno) ed anche quelle, diciamo così, sociali. Infatti questi fenomeni vengono spesso letti in modo a dir poco esotico e possono lasciar spazio a creazioni illusorie. La scienza porterebbe a far luce su essi e a riportare con in piedi per terra molte persone".
Perché l’Università non è interessata?
"Perché ha pochi fondi e quelli che ha li destina ad iniziative che danno più ‘evidenza’. Non voglio addentrarmi in tutte le questioni interne ai fondi universitari, ma constato che a volte seguono strade tortuose e non sempre chi decide è ‘illuminato’ dall’Amore per la Scienza!".
Alessandro Boriani
Un'interessante testimonianza su San Pio da Pietralcina
A coloro che continuano a citare pretese profezie, messaggi di apparizioni, veggenti e carismatici, possiamo citare una testimonianza del discusso San Pio, proprio per smentire le false dicerie riguardo la bontà del "soprannaturale":
In una lettera del 1955, Giselda De Cecco scrive a fra Daniele Natale: "Ho conosciuto una persona che parla con le Anime sante del Purgatorio. Mi dice tante cose belle, mi ha infervorato a pregare ed a fare opere di carità. Voglio un parere di Padre Pio: devo continuare ad andare o no? Quello che mi dice io farò".
"Figlio mio - dice il Santo - abbiamo i comandamenti della legge di Dio, abbiamo il Vangelo e Gesù sacramentato in mezzo a noi".
Non essendogli chiara la risposta, aspetta un sì o un no.
"Te lo ripeto: abbiamo i comandamenti, abbiamo il Vangelo, abbiamo Gesù in mezzo a noi" rispopse P. Pio.
"Padre, ho capito, ma io voglio un sì o un no da tramsetterle".
"Ammettiamo che per nove volte sia la voce del bene a parlare. E se per una sola volta il nemico ci mette il codino e ti sconquassa un'anima? Vai a raccapezzarla poi!".
Ecco come P. Pio riporta Gesù e la sua parola al centro della nostra ricerca della verità, mettendoci in guardia dal "nemico" che può inserirsi nella nostra sete di certezze.
Dal libro di PADRE MARCELLINO IASENZANIRO "Il Padre" San Pio da Pietrelcina.

E possiamo essere certi che San Pio oggi risponderebbe allo stesso modo a coloro che lo interrogassero riguardo anche a Medjugorje.


Le promesse della plasmodica
Le Scienze, luglio 2007, n.467
Una tecnologia che comprime le onde elettromagnetiche in strutture minuscole potrebbe portare a una nuova generazione di chip per computer superveloci e rivelatori molecolari ultrasensibili. Di Harry A. Atwater
I ricercatori hanno scoperto che si possono comprimere i segnali ottici in minuscoli cavi, usando fasci di luce per produrre onde di densità di elettroni chiamate plasmoni. I circuiti plasmonici potrebbero consentire ai progettisti di microchip di costruire collegamenti veloci in grado di muovere grandi quantità di dati in un chip. I componenti plasmonici potrebbero anche migliorare la risoluzione dei microscopi, l'efficienza dei diodi a emissione di luce e la sensibilità dei rivelatori chimici e biologici. Alcuni scienziati hanno anche ipotizzato che i materiali plasmonici possano alterare il campo elettromagnetico intorno a un oggetto al punto da renderlo invisibile.